giovedì 24 marzo 2016

Questo lavoro è il mio personale regalo di Pasqua al Santo Padre, alla mia diocesi e a tutti i cristiani che nella passione hanno la forza di non rinnegare Gesù.
NEL VELO IL CRISTO SVANISCE

Per tanti anni ho tenuto in camera un poster con il volto di Gesù ricavato della Sacra Sindone. Quel volto divenne familiare, una presenza amica, a cui rivolgere le mie preghiere. Dopo vari traslochi, quel poster si è deteriorato, è stato messo in un cassetto e alla fine si è perso. Ma quel volto non l’ho dimenticato, è rimasto impresso nella mia mente. Ed è sorto in me il desiderio di "cercare quel volto". È per questo che nel 2010 decisi di partecipare per la prima volta all'ostensione della Sacra Sindone a Torino. Una breve influenza prima dell’evento mi fu da stimolo per avviare la ricerca, che sta ancora proseguendo, sulla Sacra Sindone e su brani della Bibbia ad essa inerenti. Lo studio si svolge nella più grande biblioteca che il mondo abbia mai conosciuto: internet.

Gerusalemme, 7 aprile 30. Sono le prime ore del giorno dopo la pasqua ebraica. Due uomini stanno correndo perdutamente verso un sepolcro. Vi è seppellito Gesù Cristo, il nazareno. Molti giudei avevano riconosciuto in lui il Messia profetizzato nella Bibbia. Doveva essere il salvatore e il liberatore del popolo ebraico, invece i romani e il sinedrio lo hanno condannato alla crocefissione. Non ha opposto resistenza, davanti ai sacerdoti che lo accusavano di essersi proclamato re dei Giudei è stato muto, come l’agnello al macello profetizzato da Isaia. È stato torturato: una corona di spine in testa, percosse sul volto, flagellazione. Lo hanno costretto a portare il braccio della croce fino al luogo del martirio, il monte del Cranio. Le parole del salmo 21, scritte secoli prima, sembrano pronunciate da Gesù nel momento del suo supplizio: “Un branco di cani mi circonda, mi assedia una banda di malvagi; hanno forato le mie mani e i miei piedi, posso contare tutte le mie ossa. Essi mi guardano, mi osservano: si dividono le mie vesti, sul mio vestito gettano la sorte. Mi scherniscono quelli che mi vedono, storcono le labbra, scuotono il capo: «Si è affidato al Signore, lui lo scampi; lo liberi, se è suo amico». Sono slogate tutte le mie ossa. Il mio cuore è come cera, si fonde in mezzo alle mie viscere. È arido come un coccio il mio palato, la mia lingua si è incollata alla gola. Dio mio, Dio Mio, perché mi hai abbandonato?”
Inchiodato alla croce, nudo, Gesù muore in fretta: alle tre del pomeriggio china la testa e spira. Non c’è bisogno di spezzargli le gambe come agli altri condannati. Infatti, era stato profetizzato che “non gli si romperà nessun osso”. Per constatare la morte, gli viene trafitto il costato e ne esce acqua e sangue.
Solo verso sera il governatore romano in Palestina, Pilato, autorizza un membro del sinedrio, Giuseppe di Arimatea, discepolo di Gesù, ma di nascosto, a prelevare il corpo. Non c’è molto tempo per la sepoltura, perché il giorno dopo è sabato e coincide con le festività di Pasqua ed è proibito compiere qualsiasi azione, tanto più avere contatti con i morti, che i giudei ritenevano impuri. In Israele il giorno terminava con l’arrivo del buio. Quindi la notte era già considerata la mattina del giorno dopo. Chi si occupa della sepoltura di Gesù ha quindi poche ore a disposizione. Al tempo di Gesù, i defunti venivano sepolti con i propri vestiti. Quando Saul fa evocare lo spirito di Samuele, questo risale dalla terra avvolto in un mantello, probabilmente quello con il quale era stato sepolto (1 Sam 28:24). Solo in seguito (ll secolo d.C.) il rabbino ebreo Gamaliele II introdusse con la sua morte l’uso di un sudario molto semplice. Ma la sepoltura di Gesù non è una sepoltura ordinaria, perché non è morto di morte naturale, ma violenta. In questo caso la legge ebraica prescriveva che il corpo venisse sepolto nello stato della morte. Gesù morì nudo in croce e così venne sepolto senza essere lavato, poiché era stabilito che il sangue rimanesse insieme al morto. Viene conservato nel sepolcro anche il terreno e parte della croce che entrarono in contatto con il sangue di Gesù morente.
Ora, il primo dei due uomini, il più giovane, è arrivato al sepolcro. È Giovanni, un discepolo di Gesù, si china e guarda nel sepolcro. Vorrei che mi accompagnaste nel sepolcro di Gesù, leggendo insieme i brani del vangelo che riguardano la sepoltura e la scoperta della tomba vuota. Fra parentesi quadrata ho inserito le parole in greco antico più significative (verbi all'infinito e soggetto al nominativo correlati dal codice interlineare ), fra parentesi tonda i miei commenti.
Matteo: “Giuseppe (di Arimatea) preso il corpo di Gesù, lo avvolse [entulisso, G1794] in un puro [cathara, G2513] lenzuolo [sindon, G4616] e lo depose nella sua tomba che si era fatta scavare nella roccia, rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro se ne andò.” (27:59-60)
Marco: “Egli (Giuseppe di Arimatea) allora, comprato un lenzuolo [sindon, G4616], calò (Gesù) giù dalla croce e avvoltolo [eneileo, G1750] nel lenzuolo [sindon, G4616], lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un masso contro l'entrata del sepolcro.” (15:46)
Matteo e Marco non descrivono il sepolcro vuoto.
Luca: “(Giuseppe d'Arimatea) calò (Gesù) dalla croce, lo avvolse [entulisso, G1794] In un lenzuolo [sindon, G4616] e lo depose in una tomba scavata nella roccia nella quale nessuno era stato ancora deposto.” (23:53)
“Pietro tuttavia si alzò, corse al sepolcro e, chinatosi, vide soltanto i teli [othonia, G3608] (in passato tradotto con “le bende”). E tornò indietro, pieno di stupore per l’accaduto.”(24:12)
Giovanni: “(Giuseppe d'Arimatea) andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodemo, quello che in precedenza era andato da lui di notte, e portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre (pari a 33 kg). Essi presero allora il corpo di Gesù e lo legarono [edesan, G1210] in panni di lino [othonia, G3608] insieme con oli aromatici, com'è usanza seppellire per i Giudei. Nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora deposto. Là dunque deposero Gesù, a motivo della Preparazione dei Giudei, poiché quel sepolcro era vicino.” (19:38-42)
“Pietro allora uscì insieme all'altro discepolo (Giovanni), e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro, Si chinò, vide i teli [othonia, G3608] (anche qui in passato tradotto con “le bende”) giacenti [keimena, G2749] (in passato tradotto “per terra”), ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò [theorei, G2334] i teli [othonia, G3608] giacenti [keìmena, G2749] e il sudario [soudarion, G4676], che era stato sul suo capo, non giacente [keimena, G2749] con i teli [othonia, G3608], ma distintamente [choris, G5565] avvolto [entulisso, G1794] nello stesso [hena, G1520] posto [topon, G5117] (principalmente è tradotto come "in un luogo a parte”). Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro e vide e credette. Infatti, non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti. l discepoli perciò se ne tornarono di nuovo a casa.”
Soffermiamoci sul vangelo di Luca. Ci dice che il corpo di Gesù venne avvolto in una sindone. C'è perfetta sintonia con Marco (che in più afferma che Giuseppe comprò la Sindone) e Matteo, che aggiunge solo un aggettivo: la sindone è pura, in base alla proibizione della Shatnez non era possibile mischiare lana e lino (si veda Levitico 19:19 e Deuteronomio 22:9-11). Non descrivono altri panni, come i legacci [keìrai] che legavano mani e piedi di Lazzaro, descritti nel vangelo di S.Giovanni per la sua risurrezione. O non sono presenti o non sono importanti. Dopo la risurrezione rimangono solo i teli, gli “othonia”, che prima di allora non sono mai stati descritti. Ci deve essere quindi un legame fra la parola “sindon” e “othonia”. Proviamo allora a conoscere meglio questi due termini.
Ai tempi di Gesù per sindone si intendeva una veste. Il significato possiamo ricavarlo dalle scritture stesse: nella notte dell’arresto di Cristo, “seguiva Gesù un ragazzo che aveva addosso solo una sindone. Lo afferrarono, ma egli lasciò cadere la sindone e fuggì via.” (Marco 14:51-52) Da ciò intuiamo che si trattava di un indumento che veniva portato dai vivi. I capi di vestiario erano due: la tunica e il mantello. Sicuramente non poteva essere una tunica, perché queste venivano indossate infilando la testa nell’apposita apertura e nel tentativo di fermare il ragazzo si sarebbe strappata, mentre invece semplicemente viene lasciata cadere. Quindi doveva per forza essere un mantello. Il mantello all’epoca era usato anche come coperta (o lenzuolo, come potremmo definirlo ai nostri tempi). Sempre le scritture ce lo dicono: "Se prendi in pegno il mantello del tuo prossimo, glielo renderai al tramonto del sole, perché è la sua sola coperta, è il mantello per la sua pelle; come potrebbe coprirsi dormendo?" (Esodo, 22:25). Probabilmente il ragazzo stava dormendo e, svegliato dal trambusto, per fare in fretta, si è vestito con la prima cosa che ha trovato. La sindone, il mantello di Cristo, lo ritroveremo nell’apocalisse di San Giovanni (19:13): È avvolto in un mantello intriso di sangue e il suo nome è Verbo di Dio”.
“Othonia” è il plurale di “othonion”, che a sua volta è il diminutivo di “Othoné”. Nel greco antico per “Othoné” si intende un pezzo di stoffa grande di lino, nel momento in cui viene piegata in due, si formano due pezzi più piccoli (“othonion”), che al plurale si chiamano “othonia”. Anche il significato di “othonia” quindi possiamo intuirlo dalle stesse scritture. Luca ci dice che il corpo di Gesù fu avvolto nella sindone. Quando Pietro la domenica di Pasqua entra nel sepolcro, trova solamente gli “othonia”. La sindone, il mantello di lino, piegato in due per avvolgere il corpo di Cristo è diventato un doppio telo di lino. D’altronde anche in italiano la parola lenzuola è al plurale, e sta ad indicare la parte sotto e la parte sopra al corpo. Lo stesso parallelismo lo abbiamo nel latino: la stoffa grande si chiama “Iintea”, una volta piegata ci sono due parti piccole, “linteamen”, e al plurale si chiamano “linteamìna”. Luca ci dice che il corpo di Gesù non è più nella sindone e i due teli, le due parti della sindone, sono posati l’uno sull’altro. Ho cercato una parola che rendesse il significato di “othonia” in questo senso e l’ho trovato in “bande” (e non “bende”, che equivocamente gli somiglia). Per “banda” si intende: “una delle parti o destra o sinistra o dinanzi o dietro” ed è un termine utilizzato anche per le vesti.
Non rimane che analizzare l’ultima parola, quella utilizzata solamente da San Giovanni: sudario.
La parola “sudarium” in latino significa piccolo fazzoletto usato per detergere il sudore. E’ una parola che anche nel vocabolario greco (“soudarion") sembra presa in prestito dal latino. Questo era un fazzoletto utilizzato dai romani legato al collo e serviva per detergersi il sudore e non veniva certamente usato nelle sepolture. Ho però scoperto che nella prima parte del vangelo apocrifo di Nicodemo, quella più antica (Il secolo d.C.), chiamata anche Atti di Pilato, si parla (1:2) del sudario del cursore (il cursore era un ufficiale dell’esercito romano), che, in segno di onore, viene steso a terra per farci camminare Gesù. Evidentemente, allora, per sudario s'intende un mantello. Questo fatto richiama l’episodio della domenica delle palme: all’arrivo di Gesù a Gerusalemme, il popolo stendeva a terra i mantelli. Illustri studiosi, tra i quali cito Padre Levesque, Pierre Barbet, Fra Bruno Bonnet-Eymard e Padre Dubarle, hanno trovato anche una spiegazione: la parola “soudara” in aramaico e in siriaco può indicare anche un mantello e un velo di lino di grandi dimensioni. Nel targum, la bibbia in aramaico (la lingua parlata da Gesù), il mantello di Ruth è chiamato “Sudara”. Ruth lo utilizza per dormire ai piedi di Booz (Ruth, 3:7). Giovanni utilizza il termine sudario solo in due episodi: nella risurrezione di Lazzaro e in quella di Gesù. Giovanni utilizza questo termine per sottolineare che "stanno dormendo", la loro morte non è definitiva. Lo stesso Gesù, aveva detto «Il nostro amico Lazzaro s'è addormentato; ma io vado a svegliarlo» (Giovanni, 11:11). Come Ruth dorme nel suo “Sudara” ai piedi di Booz, suo signore, anche Lazzaro e Gesù dormono nel loro velo di lino, aspettando che il signore li risvegli. Il termine “sudarium” è poi utilizzato anche negli atti degli apostoli: si mettevano sudari o grembiuli che erano stati a contatto con San Paolo e le malattie cessavano e gli spiriti cattivi fuggivano (Atti 19:12). Anche in questo caso è più logico che siano dei mantelli, per il senso di protezione che essi avevano, piuttosto che dei fazzoletti per asciugare il sudore. In Luca, si utilizza la parola sudario a proposito della parabola delle mine: il servo che non mette a frutto il denaro del suo signore lo tiene nascosto in un sudario (Luca, 19:20).
Da quanto detto abbiamo capito che Sudario, “Othonè” e Sindone, sono quindi termini equivalenti, e non sono altro che mantelli o veli di lino che potevano essere utilizzati anche come lenzuoli. Il sudario giovanneo è quindi la sindone dei sinottici. Non facciamoci trarre in inganno dal fatto che San Giovanni ci dica che il sudario era stato posto sul capo di Gesù, per cui lo immaginiamo di piccole dimensioni. Qui San Giovanni si sta riferendo alla parte del sudario che era stato sulla testa di Cristo. Infatti, distingue fra la parte del sudario/sindone che aveva coperto il corpo, gli “othonia”, dalla parte del sudario/sindone che aveva coperto il capo. San Giovanni omette di dire la parola “parte”, nello stesso modo in cui nel libro dell’esodo (34:29-35) si descrive Mosè che per parlare con gli israeliti, impauriti dal bagliore del suo viso, dopo l’incontro con Dio, si copre il volto con il suo “sudara” (nel targum, è utilizzato proprio questo termine al posto di mantello). Evidentemente non si copre con tutto il mantello, ma solo con una parte di questo.
A questo punto, siamo in grado di interpretare anche il brano più difficile, quello di S.Giovanni.
A differenza di Luca, S.Giovanni introduce due personaggi in più: Nicodemo e l'apostolo che Gesù amava (S.Giovanni stesso). Non ci dice che il sepolcro è scavato nella roccia, lo dà per implicito, visto che anche nel suo racconto l’apostolo che arriva per primo si deve chinare per vedere dentro al sepolcro, nello stesso modo raccontato da Luca. II racconto della preparazione del corpo è più dettagliato: a differenza degli altri  evangelisti ci dice che il corpo è "legato" nei lini (gli “othonia” citati anche da San Luca), non semplicemente avvolto. Infatti, il corpo di Gesù doveva essere immobilizzato (dunque legato) a causa del rigor mortis che lo aveva colpito sulla croce: le braccia erano spalancate e dovevano essere serrate. Questo avvenne per mezzo di un legaccio (“Mi stringevano funi di morte, ero preso nei lacci degli inferi”- Salmo 116). In questo consisteva la ricomposizione del cadavere oltre all’utilizzo degli unguenti che dovevano preservare il cadavere fino alla definitiva inumazione del corpo che sarebbe dovuta avvenire dopo il sabato. Gesù non fu bendato, perché questo non era nel costume degli ebrei. Parte degli unguenti furono utilizzati anche per cospargere i muri del sepolcro, per evitare che si formassero cattivi odori. Un altro aspetto che deve attirare la nostra attenzione è il fatto che l’evangelista utilizza l’ espressione “prendere il corpo” per due volte. Sembra quasi una ripetizione. In realtà non lo è: nella prima affermazione la parola corpo è da intendersi nella sua interezza, testa compresa, nella seconda invece solamente il tronco. E, infatti, è questa parte che viene "legata", è difficile pensare di riuscire ad immobilizzare una testa. Abbiamo detto che Luca distingue la parte davanti e dietro della sindone (gli “othonia”), Giovanni aggiunge un altro elemento: la parte della Sindone che copriva il capo. Ma vediamo come è descritta la disposizione dei panni sepolcrali: gli “othonia”, la parte del sudario che aveva coperto il corpo erano afflosciati, distesi, orizzontali, (la parola greca è “Keimena”), mentre la parte del sudario che era stato sul capo, a differenza degli “othonia” che erano distesi, era rimasta avvolta (in greco “entulisso”, lo stesso verbo usato da Luca e Matteo), nella medesima posizione in cui si trovava quando aveva contenuto la testa di Gesù (molti sono gli studiosi che hanno tradotto il passo in questo modo: André Feuillet, Miguel Balagué, Francisco Varo e anche la vulgata, la versione latina del vangelo di San Girolamo, ci conforta traducendo “in unum locum”, lo stesso posto). Questa traduzione è stata per me un'illuminazione. Nel 2010 a Torino durante l'ostensione della Sindone, mi recai a visitare anche il museo della Sindone, vi trovai la statua dell’artista Luigi Enzo Mattei. La statua è l’esatta trasposizione tridimensionale della figura della sindone, ottenuta per mezzo di studi scientifici. Questa statua presenta il capo di Gesù distintamente alzato rispetto aI corpo. Durante la sepoltura, il capo avvolto nel sudario, spiccava verso l’alto e questo perché Gesù sulla croce era stato colto da rigor mortis: il capo era reclinato e la schiena parzialmente flessa in avanti. Quando fu deposto dalla croce e disteso nel sepolcro, il suo capo era sollevato e il corpo irrigidito. Completamente differente rispetto all’iconografia classica (pensiamo alla “pietà di Michelangelo”). A questo punto mi era diventato chiarissimo quello che San Giovanni ci voleva dire: Gesù la mattina della domenica di Pasqua era risorto svanendo dalla sindone, la mancanza del corpo e il peso dei lacci che immobilizzavano il corpo avevano fatto abbassare i lini sul corpo, mentre la parte del sudario, che era sul capo, era rimasto "pieno", come se la testa di Gesù fosse stata ancora lì, distintamente sollevata (Don Persili, uno dei principali ispiratori di questo saggio, nel suo libro “Sulle tracce del Cristo risorto” così scrive: “Era rimasto nella posizione di avvolgimento, perciò rialzato ma non sostenuto nell’interno perché vuoto”, mentre Giuseppe Ghiberti invece dice che il sudario era “fatto su”).
Ma torniamo al sepolcro di Cristo. Giovanni si è chinato e sta scrutando all'interno dell'oscurità del sepolcro. Nota i teli del sudario, quelli che avevano coperto il corpo di Gesù, distesi, afflosciati, ma non entra. Arriva anche il secondo uomo, Simon Pietro, che risolutamente entra e vede i teli distesi e la parte del sudario che era stata sul suo capo, non distesa con il teli, ma distintamente avvolta, nella stessa posizione che aveva avuto prima.
Entrò allora anche l’altro discepolo e vide e credette. Credette alle parole di Gesù che aveva detto: "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere (Gv, 2:19). Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell'uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra (Mt,12:40)."
Nessuno poteva avere portato via il Signore lasciando l’involucro che lo conteneva nel medesimo stato in cui lo avevano lasciato la vigilia del sabato. Gesù era sparito come un illusionista, aveva fatto una magia, o meglio, un miracolo. Parafrasando le parole di San Paolo nella seconda lettera ai corinzi (3:14b): “nel velo il Cristo svanisce”.
Giovanni stava incominciando a comprendere le scritture, quei salmi che avevano recitato tante volte insieme non erano più così oscuri: “Ma tu, Signore, sei mia difesa, tu sei mia gloria e sollevi il mio capo. lo mi corico e mi addormento, mi sveglio perché iI Signore mi sostiene (salmo 3)”. “Ti esalto, Signore, perché mi hai risollevato, non hai permesso ai miei nemici di godere delle mie sventure. Signore , mio Dio, ho gridato aiuto e tu mi hai guarito. Mi hai sottratto al regno dei morti, hai salvato la mia vita dalla tomba. Hai cambiato l’abito di lutto in un vestito di festa (salmo 30)”. La sindone del lutto è diventata la veste della festa di Pasqua!

Nella nostra cattedrale, in San Cassiano a Imola, abbiamo il privilegio di avere una rielaborazione dell’opera di Mattei: sulla statua dell’uomo della sindone è stato posto un velo (ma possiamo chiamarlo anche un sudario o una sindone). Andate a contemplare quest'opera, perché vedrete il Cristo come lo scrutarono Giuseppe d’Arimatea, Nicodemo e Giovanni, prima di lasciare, sconfortati, il sepolcro il giorno della sua morte.
Walter Ghiselli



Ciao, questo blog ha lo scopo di creare un gruppo di lavoro sull'analisi delle Sacre Scritture in relazione alla Sacra Sindone.
Come primo passo ho voluto condividere con voi il mio lavoro di ricerca, partito nel 2010, con la mia prima ostensione.